Gifraevento giovani/giovani adulti “Che portiate molto frutto” Roma 9-13 agosto 2017
6 Settembre 2017
Eccoci qui, come di consuetudine, a raccontare ciò che le parole permettono solo di abbozzare: l’evento nazionale della gioventù francescana, meglio conosciuto come Gifraestate. Prendere parte a un raduno nazionale non significa solo spostarti fisicamente, ma anche, e soprattutto mettersi in gioco, rischiare, cambiare il proprio punto di vista e soltanto quest’atteggiamento di apertura e di FEDE ti permette di andare oltre tutto ciò che è un limite, un preconcetto, un pregiudizio e di affidarti al Signore, senza remore.
Il punto di incontro dei gifrini d’Italia quest’anno è stata la città eterna, Roma, che ci ha accolti calorosamente, è il caso di dire, dato che il termometro misurava una trentina di gradi il giorno del nostro arrivo. La scelta del luogo non è stata casuale, poiché strettamente legata al tema che ha fatto da filo conduttore di tutta l’esperienza, il martirio, in particolar modo quello di San Pietro e San Paolo, i due punti di riferimento durante tutto il nostro soggiorno nella capitale. Inoltre, Roma è il simbolo del Cristianesimo, sede del Papa, casa di ogni pellegrino, una scelta perfettamente coerente anche con il percorso spirituale di quest’anno, disegnato per noi gifrini dal consiglio nazionale. Per di più, a darci il vero supporto è stato il passo del Vangelo di Giovanni (Gv, 15,1-21.26-27) che ci ha accompagnato per tutti e cinque i giorni del nostro raduno e ci ha permesso di fare discernimento e chiarezza dentro di noi. Il titolo dell’esperienza è stato ripreso proprio dal Vangelo sopracitato ed è divenuto il mantra della Gifraestate 2017: “che portiate molto frutto”, un invito solenne, radicale e spiazzante da parte del Signore. Si può prendere parte a migliaia di eventi nazionali, di raduni regionali, di esperienze varie, ma ogni momento è diverso dall’altro, in ogni esperienza siamo chiamati e scelti dal Signore, ogni incontro è unico, speciale e lascia un segno indelebile nel cuore di ciascuno.
Partecipare a tali esperienze nazionali significa anche sacrificio, rinuncia del superfluo, delle comodità e alto spirito di adattamento. Le docce fredde, il riso in tutte le salse e l’asfalto sono stati gli elementi onnipresenti che hanno scandito la quotidianità di quei cinque giorni, ma nonostante il caldo, il disagio e le scomodità eravamo tutti spinti da un desiderio più grande, quello di nutrirci della vera Vita e di calpestare i luoghi che hanno accolto la predicazione dei Santi Pietro e Paolo. Ecco quindi che anche la povertà diviene ricchezza, che il disagio fisico permette all’animo di dilatarsi, di mettersi comodo, di avere lo spazio che si merita. Tutto è capovolto, le priorità cambiano e sei costretto a metterti in discussione, ad aprire il cuore e ad ascoltare per portare molto frutto, appunto.
Così, conoscendo pochi dettagli dell’esperienza cui andavamo incontro, ci siamo affidati al consiglio nazionale e ovviamente a Lui, iniziando il nostro pellegrinaggio verso Roma. Il 9 agosto, dopo un lungo viaggio per molti, siamo giunti a destinazione. La nostra base era la parrocchia di San Gregorio Barbarigo, nei pressi della metro Laurentina, presieduta da un simpatico prete dall’accento spagnolo, Don Juan, che gentilmente ci ha messo a disposizione le palestre e le docce del suo oratorio, dove abbiamo potuto dormire e rinfrescarci. Dopo aver lasciato zaini e valigie, ci siamo diretti presso la facoltà teologica del Seraphicum, caratterizzata da una distesa pineta che ci ha permesso di godere di un po’ di fresco durante la calura di quei giorni. Proprio qui abbiamo iniziato il nostro vero viaggio, entrando nel vivo dell’esperienza, partendo dalle origini della fede cristiana. E ‘stata la saggezza e la vasta conoscenza di Fra Antonio Carillo ad illustrarci le origini delle prime comunità, passando attraverso riti e tradizioni ebraiche che hanno reso quel momento carico di significato, non a caso il titolo di questo excursus storico è stato “Da Gerusalemme a Roma”, per introdurci nel clima dell’evento, ma anche per sottolineare l’importanza fondamentale della conoscenza delle proprie radici. A seguire, alle ore 20.00 abbiamo cenato e successivamente c’è stata la divisione nei gruppi di condivisione, dove ognuno ha avuto modo di conoscere altri fratelli provenienti da
diverse regioni della nostra bella penisola. Inoltre ogni gruppo, a turno, ha vissuto un’esperienza di servizio, riscoprendo la gioia di donarsi, oltre a quella di condivisione che ha generato un clima di intimità fraterna e di ascolto.
A darci il buongiorno giovedì 10 agosto, oltre alle lodi mattutine, è stato Don Fabio Rosini, il quale, basandosi sul passo del Vangelo di Giovanni scelto per l’esperienza, ci ha lasciato con interrogativi notevoli che hanno impegnato la nostra mente e il nostro cuore in maniera considerevole. In particolare, Don Fabio ci ha illustrato l’unicità delle prime comunità cristiane, mosse da gioia vera, entusiaste di diffondere il messaggio di Cristo, per usare le sue parole: “essi mostravano nella carne ciò che non era nella carne”. Prendendo in considerazione la figura di San Francesco e contrapponendola a quella degli eretici, Rosini ha posto l’accento sul concetto di comunione, di unione, di solidarietà che dovrebbe essere il cuore pulsante della Chiesa. Un altro elemento ricorrente di questa catechesi è stato il Battesimo, preso in esame non come sacramento ma come chiamata, come ciò che ha dato inizio alla nostra vita attraverso i suoi doni. Il Battesimo, come ha affermato il sacerdote romano, genera morte e vita insieme: morte del peccato e inizio della Vita Vera. Ed è proprio sul concetto di vita, e di riflesso di stile di vita, che Don Fabio ha incentrato la sua orazione: egli ha contrapposto la vita e la mentalità che ci offre il mondo alla vita e alla mentalità proposta nel Vangelo, dandoci degli input e degli spunti di riflessione di grande consistenza. Un altro punto su cui ha insistito Rosini è stato quello degli idoli, come quello dell’autonomia proposta dal sistema mondano, che fanno da contro altare alla fede in Cristo, al concetto di comunione e di condivisione. Si è trattato di un momento molto profondo, di vero ascolto che ci ha lasciato più domande che risposte, ma sicuramente la simpatia dell’accento da “romanaccio” di Don Rosini e al contempo la sua fermezza e decisione hanno equilibrato attenzione e cuore. Dopo aver ringraziato Don Fabio per il tempo dedicatoci, siamo andati a pranzare al Seraphicum e qui abbiamo vissuto un breve momento di riflessione personale sulla catechesi ascoltata durante la mattinata, succeduta da una condivisione all’interno del gruppo che ha messo a nudo tutte le nostre fragilità e debolezze, rendendoci più forti grazie al supporto e all’ascolto reciproco. In serata abbiamo vissuto l’Eucarestia presso il Convento dell’Immacolata, a seguire la cena e infine la liturgia penitenziale insieme ad un momento di adorazione. In questa occasione, dopo esserci confessati, abbiamo scritto su un cartoncino viola a forma di acino d’uva un peso che portavamo nel nostro cuore e poi lo abbiamo affidato al Signore, la conclusione perfetta per una giornata così ricca di stimoli, di volti, di voci e di meditazione.
Venerdì 11 agosto è iniziata con la “preghiera del pellegrino” affinché il Signore potesse accompagnarci per le vie di Roma, nei luoghi in cui Pietro e Paolo avevano vissuto, predicato e anche sofferto. Divisi in due grandi gruppi, a turno, tra mattina e pomeriggio, abbiamo visitato alcuni edifici, oggi chiese, che hanno segnato la vita dei due Santi che ci hanno fatto da guida: la Basilica di Santa Pudenziana, figlia del senatore Pudente, quest’ultimo ospitò Pietro per ben sette anni e fu lo stesso apostolo che lo convertì al cristianesimo. Sulla casa del senatore romano si erge l’odierna Basilica; la Basilica di San Pietro in Vincoli, chiesa in cui sono conservate le catene che tennero prigioniero Pietro e dove si trova l’imponente e maestoso Mosè di Michelangelo, facente parte del complesso marmoreo realizzato dallo scultore per la tomba del papa Giulio II; la Chiesa di San Paolo alla Regola, edificio antichissimo a cui si affianca quella che fu l’abitazione di Paolo nell’Urbe, che venne trasformata in cappella e che fu la culla di molte delle lettere del Santo; la chiesa di Santa Maria in via Lata, dove, nella parte più antica e sotterranea, formata da diversi ambienti, vi è una colonna che la tradizione storica ritiene sia quella a cui Paolo fu legato durante la sua prigionia. Sia il pranzo, sia la cena, sia l’Eucarestia della giornata di venerdì si sono svolti nella Basilica dei XII Apostoli e a seguire serata libera di fraternità per le vie di Roma.
Un altro importante momento di catechesi è stato quello di sabato 12 agosto, tenuto da Don Luigi Maria Epicoco, il quale, in parte, ha ripreso i concetti analizzati in precedenza da Rosini e, ovviamente, è partito dalla pagina del Vangelo che è stata scelta per la nostra esperienza estiva. Anche Don Luigi ha messo in evidenza la differenza tra il mondo e il Vangelo, facendo leva in particolar modo sul concetto di dono e su quello di libertà: non vi è un dono se non c’è la libertà di goderne e tale libertà è la fede, la Parola. Usando frasi incisive e decise, Don Luigi ha fatto emergere ciò che era nei nostri cuori, quello che nel nostro intimo potevamo solo intuire, senza però riuscire a dare un nome. Egli ci ha spronato ad andare incontro alla felicità (Cristo) e non alla sazietà, al bisogno incessante e inappagabile che ci offre il mondo. Trovare qualcuno per cui valga la pena vivere, non agire in funzione degli altri, distinguersi dalla massa, essere consapevoli dell’amore di Cristo e della propria libertà, questi sono stati i grandi temi proposti da Epicoco, argomenti che, in modi differenti, toccano la vita di ciascuno e che sono la strada per raggiungere la vera felicità. Don Luigi, terminato il suo intervento, ci ha lasciato nuovi interrogativi su cui riflettere durante il deserto che ha avuto luogo poco dopo, presso l’Abbazia delle Tre Fontane, luogo del martirio di San Paolo. Qui, ognuno di noi ha vissuto un momento di silenzio, di preghiera, un dialogo con sé stesso e con Dio, cercando di far maturare tutto quello che era stato seminato nelle nostre coscienze. In seguito abbiamo pranzato e successivamente ci siamo spostati verso la Basilica di San Paolo fuori le mura, una delle basiliche papali, la seconda per importanza, un luogo contraddistinto da un silenzio avvolgente e da una quiete rassicurante. Il porticato che circonda tale luogo sacro ha ospitato la condivisione nei diversi gruppi, che ci ha visti confrontarci, confidarci e tirare le somme di tale esperienza. A concludere questa ricca giornata, la serata di fraternità “una birra con”: il consiglio nazionale ci ha gentilmente offerto delle birre e degli stuzzichini, oltre ad aver organizzato, nei minimi dettagli, giochi e attività che ci hanno dato la possibilità di trascorrere una piacevole serata.
L’ultima tappa del nostro viaggio è stata Piazza San Pietro, dove abbiamo ascoltato l’Angelus del Santo Padre. Per questa occasione abbiamo indossato la maglia dell’evento, una T-Shirt blu, un segno distintivo che, insieme ai canti e alla gioia che esprimevamo in quel momento, ha attirato l’attenzione di pellegrini e turisti presenti in piazza. Una grande macchia blu formata da 180 cuori diversi ha riempito San Pietro, esultando rumorosamente ai saluti di Papa Francesco. Il Vangelo di domenica 13 agosto (Mt, 14,22-33) pareva fosse la conclusione perfetta del nostro viaggio, era come se il Signore volesse porre l’attenzione sul punto focale della nostra esistenza: la fede. Il Papa ha sottolineato più volte come la fede non sia una scappatoia dai problemi della vita, bensì essa rappresenta il pilastro che sostiene il nostro cammino, mettendoci in guardia da cartomanti e oroscopi, vie a cui ricorriamo quando la fede non è salda, non è vera. Successivamente ci siamo spostati nella basilica di San Pietro in Vaticano per vivere l’Eucarestia, anche questo un luogo sacro carico di significato, dove ogni pellegrino si sente accolto, si sente a casa. Nonostante la stanchezza fisica dei cinque giorni si facesse sentire, lo spirito era carico e pronto ad accogliere il mandato finale: portare molto frutto, essere vita, restare in Dio.
Così anche questo evento nazionale è giunto al termine, sebbene ciò che abbiamo ricevuto sarà dono che si moltiplicherà nel corso del tempo. E’proprio questo ciò che accade quando si vivono dei giorni intensi come quelli: si accoglie, si medita e si cresce, tornando a casa con la voglia di condividere con chi non c’era tutto quello che hai vissuto, che ti è stato dato gratuitamente. Tra abbracci e sorrisi, abbiamo lasciato Roma per ritornare tutti alle proprie vite, con l’impegno di essere messaggeri di Verità e di portare molto frutto nel mondo.
Paola Isceri – Squinzano